
– Tu sei un Prigione. Sai quei corpi rinchiusi nella pietra da Michelangelo… sei statue: i Prigioni.
Forse lui non sapeva e le parole rimanevano senza immagine. Senza richiamo. Senza eco. Senza riverbero specchio risonanza.
– Non ti perdonerò mai di non aver voluto visitare una villa nelle Giornate del FAI.
Ricordava le tante visite alla villa. Con amiche. Con uomini. Da sola. Mai con lui.
Strana vita la sua. Amava ballare: mai avuto uomini che amavano ballare. Amava l’arte: a parte l’architetto mai avuto un altro partner che amasse l’arte. L’ultimo compagno poi: nessun concerto di musica classica, nessuna gita fuori porta, nessun interesse, il nulla assoluto. Aveva dovuto trascinarlo in vacanza. Un po’ depressino- così aveva incautamente detto la psicoterapeuta ( che l’aveva rimproverata perché aveva emesso un giudizio. Non si deve giudicare ).
– Ma che ti importa? Vai da sola.
Così le aveva detto l’amica che non si scollava mai dal suo amore. Sempre appiccicata a lui.
Certo: vado anche da sola.
Ma hai mai provato la meraviglia della con- divisione? Quando a vedere sono quattro occhi e a palpitare due cuori? Hai mai provato a stare abbracciati con lui che ti cinge dietro mentre gli attori ti camminano intorno? Hai mai provato a battere il tempo con le mani unite a un concerto jazz? Hai mai provato a osservare gustare commentare ogni forma d’arte con un uomo che ha affinità elettive con te?
Io sì.
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