La violenza del silenzio

Ieri sera, dopo molto tempo, ho guardato Otto e mezzo con Lilli Gruber e i suoi ospiti. Il tema era il Family day. In realtà il tema, ripreso più volte dalla conduttrice è stato: la violenza sulle donne, la crisi del maschio, anche alla luce degli ultimi stupefacenti verdetti di “abbassamento della pena” per tempeste emozionali e mancata bellezza del soggetto oggetto di violenza.

Devi essere bella, cara donna, e poi non lamentarti se qualcuno si ingelosisce, ti vuole solo per te e ti ammazza. Devi essere ben bella e provocante se un uomo si permette di saltarti addosso e poi lasciarti in mezzo a un prato. Forse avevi la gonna troppo corta, le gambe troppo lunghe, il seno troppo esposto.

Devi proprio “tirare fuori” il tuo marito, compagno, fidanzato se poi lui – chiaramente in preda a una tempesta emozionale – ti mette le mani addosso, ti ammazza, ti brucia, ti butta dell’acido in faccia.

Non si parla mai, forse perché non ci sono notizie di cronaca così eclatanti, della violenza del silenzio e della violenza silenziosa. Il maschio la esercita con un potere annichilente. Tu devi fare come dico io. Tu devi essere come dico io. Tu devi servirmi. Se esci dai ranghi io non ti parlo finché non esegui gli ordini. Ti anniento con il silenzio. Faccio in modo di non vederti. Per me sei trasparente finché non torni a fare quello che desidero. Sono cupo arrabbiato con te finché non torni mia schiava.

A conferma di quanto sottolineava ieri sera la Gruber: anche questo tipo di violenza psicologica, è operata da un maschio fragile. Chi ha bisogno di prendere lo scudo tutte le mattine, impugnare un’arma per comandare e dettare ordini – spesso impliciti – verso la propria donna è un uomo che non rispetta la dignità della persona. È un uomo che si ritiene superiore perché maschio. Ma in realtà è estremamente fragile considerato il continuo controllo che deve agire.

Naturalmente, voi direte, c’è anche una donna che accetta questi soprusi. Certo. Finché non se ne va, naturalmente se è economicamente indipendente.

25 pensieri su “La violenza del silenzio

  1. Non ho visto questa puntata, ma ne ho sentito parlare. Io non ho parole per descrivere quello che sento quando si usano termini come tempesta emotiva, raptus ecc, Considera che la psicologia conferma che non esistono, sono scuse belle e buone davanti alla volontà di uccidere. Poi i giudici ti zittiscono con la giurisprudenza. Come dice Michele Serra, nei miei tre minuti di fascismo quotidiano, vorrei che no solo di questi assassini o comunque vessatori subisse una pena pesante e pubblica, magari anche definitiva, giusto per dare una lezione a lui e a tutti gli altri. Li vedremmo trasformati in scolaretti. Ho due figli maschi ai quali ho insegnato tutto dal lato pratico, e cercato di insegnare tutto dal lato emotivo, nella consapevolezza che millenni di cultura non si azzerano in una generazione. (Sei tu ed è la tua casa, nella foto?)

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  2. La progressiva indipendenza economica delle donne è stato un passaggio fondamentale per rendere possibile la loro emancipazione. Forse per questo i vari family day vorrebbero riportare la donna al focolare domestico, al mestiere esclusivo di moglie.
    ml

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  3. Il problema non è solo economico: trippe donne hanno involontariamente ancora dentro modelli culturali maschilisti che la convincono che, infondo, è l’ordine naturale delle cose

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  4. Sebbene sembri, e probabilmente è, che questo tipo di violenza subdola sia più che altro maschile nei confronti delle donne, esiste anche una forma di coercizione psicologica esercitata da donne su uomini che non sanno o non riescono a liberarsene…

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  5. Nel sessantotto avevo vent’anni. Già allora sostenevo che non era la donna a dover essere emancipata, ma bisognava educare i maschi in modo diverso. Lo schifo è che i maschi vengono comunque educati dalle loro madri e se non vengono educati bene fin da piccoli, col cavolo che li raddrizzi da grandi. Ancora oggi i bambini sono trattati in modo diverso dalle bambine, in casa i maschietti non fanno nulla, sono serviti come principini, mentre le femminucce imparano a servire. Cene sarebbe da dire, ma finché la mentalità delle madri non cambia….

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    1. Perfettamente d’accordo. Siamo noi donne che abbiamo in mano, come madri, l’educazione dei maschi. Purtroppo è ancora come scrivi tu. Poche variazioni. Mio fratello in casa era il principino, a noi sorelle i compiti a lui il trono.

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      1. La mia fortuna è stata che mia suocera ha messo al mondo cinque maschi e li ha educati alla collaborazione familiare e al rispetto verso se stessa e di conseguenza verso le altre donne.
        Educazione di altri tempi.

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