Il bigliettino 


Alzando il telo démodée, nel polveroso salotto, ritrovò in un angolo d’ombra un vecchio bigliettino sfuggito dalle grinfie cartacee delle pagine di un libro che aveva riposto prima.

Gli steli bluastri di una scrittura composta e verticale riportava poche parole: 

Alla mia principessa 

dal suo principe 

Richiuse nella serica veste crepitante della bianca busta il bigliettino amoroso.

Guardò fuori dalle imposte la strada chiazzata dall’ultimo sole novembrino.

La prese, come sempre, una malevola perplessità: ogni tanto prendevano vita questi cadaveri calligrafici come revenant. Uscivano fuori all’improvviso da ogni dove continuamente.

Come comparivano – in una nera dissolvenza – così sparivano, ridotti in minuscoli frammenti e gettati bruciati eliminati.

Così anche in quella imbronciata giornata – sfiorata da un ultimo ventaglio di gialla luce – anche quell’ultimo revenant chiuso nella sua leggera bara cartacea finì in piccoli pezzi che poi volteggiarono giù dal balcone del terzo piano sul prato smeraldo del giardino, e si adagiarono come leggeri fiocchi di neve. 

12 pensieri su “Il bigliettino 

  1. I ricordi sono i libri che non scriviamo mai. Frequentano il vento e le onde del mare. li riconosci quando sono accoccolati e chiamandoli come si fa con i gatti, spuntano fuori per farsi accarezzare timidamente. I ricordi si nascondono, pare che abbiano sempre da fare. I ricordi hanno le facce di bambini e dei sogni, persino quelli che hai lasciato nel porto dell’anima. I ricordi sono invisibili e implacabili come essenza del cuore. E ventosi.

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  2. Uhm… Non sono d’accordo…
    Come intuibile, io sono un accumulatore seriale di ricordi.
    Anche se già immagino che quel baule finirà dal rigattiere, o in un camino.
    O i prodigi del riciclo della differenziata li condurranno ad accarezzare qualche gluteo.

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